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4th International Workshop on: - The management of asymptomatic primary hyperparathyroidism

Comunicato  stampa

Iperparatiroidismo, quando le ghiandole “sottraggono” calcio alle ossa

Per la prima volta in Italia il Workshop Internazionale sull’iperparatiroidismo primario

L'ormone paratiroideo, o paratormone (PTH), concorre al controllo della concentrazione di calcio nel sangue. Una sua eccessiva produzione accelera il riassorbimento osseo, indebolendo la struttura minerale dello scheletro

La terapia dell'iperparatiroidismo è a tutt'oggi chirurgica ed è essenziale stabilire quando effettuare l’intervento

I massimi esperti  mondiali riuniti a Firenze dal 19 al 21 settembre per aggiornare le linee guida internazionali sull’iperparatiroidismo e sui parametri che indicano i tempi per il trattamento chirurgico

Firenze, 19 settembre 2 013 - L’intervento chirurgico rappresenta ancora oggi  la soluzione per l’iperparatiroidismo. E’ però essenziale che lo specialista sappia valutare la condizione del paziente per stabilire quando intervenire. E’ questo il tema principale del IV International Workshop on the Management of Primary Hyperparathyroidism, organizzato da Università degli Studi di Firenze, Columbia University di New York e Harvard Medical School di Boston, Stati Uniti, e Fondazione Internazionale Menarini.

Per la prima volta il workshop si tiene al di fuori degli Stati Uniti. Le prime due consensus infatti si sono tenute ai National Institutes of Health a Bethesda e l’ultima, cinque anni fa, a Orlando in Florida. E’ un chiaro riconoscimento del ruolo che l'Università di Firenze ha nel portare avanti l'educazione e la clinica nel campo delle malattie paratiroidee e soprattutto del peso internazionale assunto dal Centro diretto dalla professoressa Brandi, completamente dedicato ai tumori paratiroidei con un particolare riguardo alle forme ereditarie. Un Centro attivo da vent’anni anni che rappresenta un esempio importante nel nostro Paese.

In questo incontro i massimi esperti mondiali, guidati da Maria Luisa Brandi (Milano), John P. Bilezikian (New York) e John T. Potts, Jr. (Boston), hanno stilato le nuove linee guida, il cui aggiornamento più recente era del 2008. Le sindromi congenite caratterizzate da iperparatiroidismo sono almeno sette per cui la gestione del paziente deve essere affidata a mani esperte e basata su interventi condivisi dagli specialisti. Proprio per questo motivo le nuove linee guida prodotte durante questo congresso rappresentano un importante riferimento per tutti gli endocrinologi del mondo per la gestione di un disordine endocrino importante come l'iperparatiroidismo primitivo.

Le paratiroidi sono quattro piccole ghiandole endocrine poste nel collo, in prossimità della tiroide. La loro funzione è di secernere l'ormone paratiroideo, o paratormone (PTH), che concorre al controllo della concentrazione di calcio nel sangue.

Il paratormone ha un ruolo cruciale nella trasmissione del segnale nervoso, nella contrazione muscolare, nella coagulazione del sangue e nel funzionamento di alcuni ormoni ed enzimi. Per questo motivo, le sue concentrazioni  nel sangue devono rimanere relativamente costanti.

In condizioni normali la calcemia, cioè il livello di calcio nel sangue, è mantenuta entro un ristretto range di valori, che va da 8,5 - 10,5 mg per decilitro di sangue. L’iperparatiroidismo determina un aumento patologico della sintesi di paratormone, con conseguente rialzo della calcemia, che determina gravi alterazioni funzionali alla muscolatura, con riduzione dell'eccitabilità muscolare e nervosa, ma anche nausea, vomito, stipsi, depressione.

In più, in caso di iperparatiroidismo, il paratormone accelera il riassorbimento osseo, indebolendone la struttura minerale. Lo scheletro, di conseguenza, appare più fragile e suscettibile a fratture spontanee e deformazioni. Anche i reni vengono danneggiati, dal momento che la maggior escrezione urinaria di calcio e fosfato favorisce la comparsa di calcoli renali.

«Spesso però il soggetto affetto da iperparatiroidismo non avverte alcun sintomo e in passato molti casi non venivano diagnosticati poiché l'esame chiave, la calcemia, non veniva eseguito con frequenza» spiega Maria Luisa Brandi, docente di endocrinologia all'Università di Firenze e co-presidente del congresso. «Successivamente, aumentando i controlli, si è realizzato che l’iperparatiroidismo è una patologia comune, che non sempre si presenta con danno osseo, calcoli renali e disturbi psichici, ma come un disordine asintomatico. Per questo motivo il medico di famiglia dovrebbe prestare maggiore attenzione a questa patologia. E considerando che dopo la menopausa una donna su cinquecento ha problemi alle paratiroidi (il doppio degli uomini), dopo i cinquant’anni la calcemia andrebbe eseguita una volta l’anno. Le persone oltre questa età sono infatti un gruppo a rischio di carenza di vitamina D, sia per mancanza di esposizione alla luce solare, sia per la diminuita capacità di sintesi della vitamina D da parte dell’organismo» prosegue Brandi. «Altre condizioni che possono favorire l’iperparatiroidismo sono l’insufficiente introduzione di latticini, i deficit digestivi per insufficienza pancreatica o biliare, la sindrome da malassorbimento, come avviene nei celiaci o negli individui affetti da malattie croniche intestinali, come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Esistono anche cause farmacologiche di iperparatiroidismo. Una terapia che può favorire la comparsa della patologia è quella con cortisonici, per un deficit nel trasporto di calcio a livello intestinale. E la depressione, in alcuni casi sintomo di iperparatiroidismo, può essere trattata con litio, un metallo che a sua volta può aumentare l’iperparatiroidismo, tanto è vero che gli specialisti consigliano di sottoporre i pazienti a un test di calcemia e test di base del sangue se si assume litio. Per effettuare il test è sufficiente prelevare un campione di sangue dalla vena di un braccio».

La terapia dell'iperparatiroidismo è a tutt'oggi chirurgica, e per l'endocrinologo la vera sfida è l’iperparatiroidismo primario, che può essere già presente in età pediatrica e spesso non diagnosticato perché asintomatico o confuso con altre patologie. «E' in questi casi che diventa cruciale la valutazione dei parametri per decidere  se intervenire chirurgicamente oppure attendere. In un adulto spesso l’iperparatiroidismo è causato da un adenoma, cioè un tumore benigno, che colpisce una delle quattro paratiroidi, per cui l'intervento e d'obbligo. Diversa invece è la situazione che riguarda un bambino che non presenta sintomi: diversi lavori in letteratura riportano ritardi diagnostici che vanno dai 2 ai 5 anni, e dal momento che il danno alle ossa è in relazione alla  severità e alla durata dell’ipercalcemia è fondamentale una diagnosi tempestiva» aggiunge Brandi.

In ogni caso prima di pianificare un intervento, in equipe con un chirurgo esperto, il medico deve valutare:

  • densità minerale ossea
  • presenza di calcio nelle urine
  • MOC (densità ossea)
  • precedente frattura ossea da fragilità
  • calcemia
  • calciuria
  • episodi precedenti di calcolosi renale

Dopo l’intervento le paratiroidi vengono stimolate per ritornare alla normale funzionalità con una terapia a base di vitamina D e calcio. Le quantità di queste sostanze vanno calibrate attentamente e modulate nel tempo, per cui il paziente deve essere assistito da un endocrinologo esperto. E’ quindi consigliabile fare riferimento a un centro di endocrinologia

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