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Comunicato Stampa 

 Grazie alla medicina personalizzata si possono vincere i tumori del sangue 

Un congresso internazionale a Firenze per parlare dei progressi diagnostici e delle terapie del futuro 

 Firenze, 8 settembre 2016- Le Malattie Mieloproliferative Croniche sono una famiglia di tumori che colpiscono le cellule staminali emopoietiche del midollo osseo, ossia le cellule progenitrici dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine circolanti nel sangue periferico. Pur essendo patologie ad andamento tendenzialmente cronico, la sopravvivenza può essere ridotta rispetto alla popolazione di controllo, in particolare nella Mielofibrosi, per la quale la sopravvivenza mediana è di sei anni. Peraltro, negli ultimi anni si è assistito a un miglioramento di questi dati grazie a una più precoce diagnosi, a una migliore prevenzione e gestione delle complicanze e allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici. E dato che la prevalenza di queste malattie è in aumento, il rapido progredire delle conoscenze in questo settore richiede un continuo adeguamento delle tecnologie diagnostiche, con l’obiettivo di effettuare diagnosi più precoci e accurate per favorire scelte terapeutiche mirate nello spirito della “medicina personalizzata”. La scoperta delle mutazioni genetiche ricorrenti in questi tumori, che è rappresentata dalla mutazione del gene JAK2 e più recentemente dei geni calreticulina e MPL, hanno permesso di capire alcuni meccanismi di queste malattie e ne hanno migliorato la diagnosi. Il congresso“Recent Advances in Understanding and Treating Myeloid Neoplasms”, in programma a Firenze dall’8 al 10 settembre 2016, si svolge dieci anni dopo la scoperta della prima mutazione JAK2 nei pazienti con neoplasia mieloproliferativa e cinque anni dopo l’approvazione del primo inibitorie di JAK2 per il trattamento della mielofibrosi. Molti degli scienziati che hanno contribuito a queste scoperte interverranno a questo congresso per presentare le ultime novità e confrontarsi sui progressi futuri. Il congresso è organizzato dall’Università degli Studi di Firenze e dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi ed è promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini. Una migliore comprensione dei meccanismi fisiopatologici ha permesso di cominciare a pensare in termini di terapia mirata. E nell’arco di pochi anni, dopo il 2005, anno in cui sono state scoperte le prime mutazioni, sono stati portati a termine studi clinici con il primo farmaco che va a colpire un’abnorme attivazione della via di regolazione intracellulare controllata dalla protei a JAK2. «Èun momento di estremo interesse per queste patologie anche perchéfinalmente si ha la possibilitàdi migliorare la qualitàdi vita econtrollare molti sintomi»spiega Alessandro Maria Vannucchi, Docente di Ematologia al Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Universitàdegli Studi di Firenze e presidente del congresso. «Vi sono inoltre evidenze che i nuovi farmaci possano anche prolungare la durata della vita, ma al tempo stesso sono ancora pochi i dati a sostegno di un’attività profonda del farmaco contro le cellule della malattia». Le nuove armi terapeutiche consentono ai medici di personalizzare e quindi migliorare l’assistenza al paziente. Il gruppo di Firenze coordinato da Vannucchi ha sviluppato diversi studi rivolti alla comprensione di queste mutazioni per migliorare la capacità di classificare i pazienti in classi di rischio diverse e quindi applicare a queste diverse classi di rischio quelli che sono ritenuti gli interventi terapeutici più efficaci. Negli ultimi sei anni, in Italia sono stati portati a termine molti studi importanti in questo ambito, anche grazie ad AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) che ha finanziato il progetto AGIMM, una rete di centri italiani per sviluppare ricerca clínica e sperimentale, coordinato da Vannucchi. I progressi ottenuti dai ricercatori fiorentini hanno spinto l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi e l’Università degli studi di Firenze a istituire il CRIMM (Centro Ricerca Innovazione per le Malattie Mieloproliferative) dedicato in maniera specifica allo sviluppo di nuovi sistemi diagnostici e alla gestione e alla cura dei pazienti con questi tumori. «Ci sono diverse altre mutazioni genetiche oltre al JAK2, che sono quasi tutte presenti allo sviluppo del tumore e che assumono importanza perché rendono più complessa la genetica della cellula tumorale» prosegue Vannucchi. «Abbiamo scoperto che queste mutazioni hanno un significato prognostico importante, cioè i pazienti che hanno queste mutazioni hanno una sopravvivenza ridotta e un rischio di trasformazione leucemica più elevato. Con queste mutazioni noi riusciamo a identificare meglio rispetto al passato quei pazienti, soprattutto quelli giovani, che hanno un maggior rischio di prognosi infausta e che quindi dovrebbero essere sottoposti al trapianto di cellule staminali, che attualmente è la proceduta più efficace in questi casi. Poiché la mortalità legata al trapianto di cellule staminali è ancora tra il 20 e il 40 per cento, è molto importante la selezione del paziente miglior candidato a questo trattamento» conclude Vannucchi.

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