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Comunicato Stampa
 Pressione fuori controllo, troppi pazienti abbandonano le terapie
 Alla disponibilità di farmaci efficaci non corrisponde il rispetto delle indicazioni mediche
E’necessaria una maggiore informazione sui benefici dei trattamenti, perché la mancata aderenza alle terapie determina un maggior numero di malattie cardiovascolari 

Cracovia (Polonia), 20 e 21 novembre 2014 -  In generale soltanto un paziente su cinque mantiene la propria pressione sotto controllo, e la situazione è più o meno simile per quanto riguarda il colesterolo elevato e il diabete. Sono dati considerati preoccupanti, secondo Giuseppe Mancia, Dipartimento di Medicina Clinica dell'Università Milano-Bicocca e co-chair del Simposio Internazionale “Current perspectives and future directions in cardiovascular protection”, in programma a Cracovia, Polonia, il 20 e 21 novembre 2014. Il simposio, oltre che dall’Università milanese, è organizzato dal Dipartmento  di Medicina Interna e Gerontologia della Jagiellonian University di Cracovia e dal Dipartimento di Ipertensione e Diabetologia dell’Università di Gdańsk, Polonia, e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini. Le considerazioni del Professor Mancia si basano sull’Archivio dei Dati Sanitari della Regione Lombardia, un database che fornisce informazioni sulla dispensazione dei farmaci, quali le date e i medicinali (principi attivi, dosaggi e numero di pillole) contenuti nelle prescrizioni di medici extraospedalieri, con calcolo della copertura farmacologica dall’inizio del trattamento. I dati sono stati utilizzati per un’analisi pubblicata recentemente sulla rivista Journal of Hypertension (1).
«L’Archivio dei Dati Sanitari della Regione Lombardia fornisce informazioni rilevanti per la relazione tra l’interruzione di un trattamento sanitario di qualsiasi tipo e le caratteristiche demografiche, ambientali, cliniche e terapeutiche del paziente: dopo che è scaduta la prescrizione, se il paziente non la rinnova vuol dire che non ha intenzione di proseguire con il trattamento farmacologico. Abbiamo potuto analizzare i dati di 493.623 nuovi utilizzatori di farmaci antipertensivi, ed è evidente il drammatico problema del gap che esiste tra potenzialità di protezione delle terapie e quello che succede nella pratica clinica» spiega Mancia. «Il rispetto delle prescrizioni mediche per le terapie contro ipertensione è bassissimo, ma anche quello per l’elevato livello di colesterolo e per il diabete. I pazienti non avvertono sintomi per queste condizioni e quindi non sono particolarmente motivati. Anche l’inerzia clinica ha il proprio ruolo: il medico si rende conto che un fattore di rischio non è controllato nel paziente, e nonostante questo non modifica la terapia. Questi sono due motivi che rendono il controllo dei fattori di rischio estremamente insoddisfacente, nonostante le potenzialità delle terapie disponibili. È per questo che  il 36% di 800 mila pazienti che hanno iniziato una terapia antipertensiva smette dopo la fine della prima prescrizione. Probabilmente osservano che i livelli di pressione sono diminuiti, per cui ritengono di essere guariti. La conseguenza è che quando si va a correlare l’adesione alla terapia, basandosi sul rinnovo delle prescrizioni, si vede una relazione molto stretta con le ospedalizzazioni: coloro  che non rispettano le prescrizioni mediche hanno un rischio molto più elevato di malattie cardiocircolatorie»
La ricerca mette a disposizione farmaci più efficaci, ma se i pazienti non seguono la terapia, anche i farmaci migliori non possono avere effetto. «Questa è la nuova frontiera nel miglioramento della prevenzione cardiovascolare, agire sulla cultura e la consapevolezza dei pazienti» prosegue Mancia. «Per fare questo bisogna conoscere i motivi per cui un paziente non rispetta le indicazioni del medico. Ciò non può essere realizzato con uno studio normale, perché nel momento in cui un paziente è arruolato cambia il proprio comportamento, a causa dell’effetto Hawthorne (2). Viceversa l’analisi di dati computerizzati consente di studiare il fenomeno. Analizzando i dati sanitari della Regione Lombardia abbiamo osservato come siano molti i fattori che influenzano l’aderenza alle terapie, alcuni facilmente spiegabili, altri meno. Per esempio, i pazienti anziani tendono a essere  osservare maggiormente le indicazioni del medico rispetto ai pazienti più giovani. Ancora, se il paziente che assume farmaci antipertensivi assume anche farmaci antidiabetici è più ardente alla terapia, probabilmente perché è conscio che la situazione non va sottovalutata. Così anche se il paziente è stato ricoverato per una malattia renale o un infarto. Viceversa, se il paziente ha nella sua storia ricoveri per malattie non cardiovascolari, per esempio un enfisema polmonare, un tumore, allora è meno aderente alla terapia antipertensiva, probabilmente perché la sua priorità in fatto di salute non è quella di assumere i farmaci per la pressione. Però ci sono fattori abbastanza curiosi: per esempio esiste una relazione molto stretta tra densità della popolazione dove il paziente vive e interruzione della terapia. Nelle zone metropolitane l’interruzione è più frequente rispetto alle zone rurali, probabilmente perché in queste ultime il contatto con il medico è più facile» aggiunge Mancia.
L’osservazione dei dati sull’abbandono delle prescrizioni mediche fornirà utili informazioni anche riguardo l’evoluzione dei fenomeno. «Ripeteremo negli anni l’analisi dei dati regionali, in modo da confrontarli con quelli attuali. Le eventuali differenze ci potranno dire se abbiamo lavorato con profitto o meno nell’aumentare la consapevolezza tra i cittadini sull’utilità di seguire le prescrizioni dei medici e non abbandonare terapie utili a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari» conclude Mancia.
 
   
(1)    Mancia G, Zambon A, Soranna D, et al. Factors involved in the discontinuation of antihypertensive drug therapy: an analysis from real life data. J Hypertens, 2014 May 16.
 (2)    Con effetto Hawthorne si indica l'insieme delle variazioni di un fenomeno o di un comportamento che si verificano per effetto della presenza di osservatori. Tale fenomeno fu scoperto nel 1927 dai sociologi Elton Mayo e Fritz J. Roethlisberger durante una ricerca su una possibile relazione tra ambiente di lavoro e produttività dei lavoratori. Presso lo stabilimento dellaGeneral Electricdi Hawthorne, Chicago, i due sociologi realizzarono una serie di esperimenti per quantificare la produzione in relazione all’efficienza. I ricercatori si resero conto che le dattilografe e le operaie della fabbrica producevano di più non per le variazioni apportate alle condizioni di lavoro introdotte per lo studio (illuminazione, durata delle pause e delle giornate lavorative, retribuzione) ma perché sapevano di essere oggetto di attenzione.

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Ufficio stampa:
Marco Strambi
 
FONDAZIONE INTERNAZIONALE MENARINI
Edificio L - Strada 6
CentroDirezionale Milanofiori
I-20089 Rozzano (Milan, Italy)
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