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International Conference on Mediterranean Diet and Health: a lifelong approach

La Dieta Mediterranea allunga la vita

Alimentazione e stile di vita al centro di un congresso internazionale.
La restrizione calorica non riduce la mortalità correlata all’età.
Dopo i 70-75 anni d’età la riduzione spontanea del colesterolo può essere predittiva di mortalità


OSTUNI, 7 APRILE 2017 - Ostuni è una delle prime località turistiche in Puglia d’Italia e centro d’eccellenza di una regione che ha fatto della Dieta Mediterranea una sua bandiera. È qui che ha sede la Fondazione Dieta Mediterranea, nata con lo scopo di sostenere la diffusione e l’adesione alla Dieta Mediterranea, patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO, e di promuovere studi e ricerche atte ad aumentare le conoscenze relative ai componenti della dieta mediterranea, ai principi attivi contenuti ed alle tecnologie di trasformazione non denaturanti. Logico quindi che Ostuni abbia ospitato il meeting dal titolo “International Conference on Mediterranean Diet and Health: a lifelong approach”, promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini.
«La scelta della sede è stata anche influenzata dalla presenza a Brindisi della Cittadella della Ricerca, un importante consorzio senza scopo di lucro che facilita la ricerca tecnologica, la creazione di reti e l’internazionalizzazione per le aziende del territorio» spiega Gaetano Crepaldi, Presidente della Fondazione Dieta Mediterranea. «Durante la Conferenza è stato approfondito il ruolo della Dieta Mediterranea, analizzata nelle sue principali componenti, nutrizionale, sociale e ambientale, per il miglioramento della qualità della vita delle persone, e gli effetti benefici per la salute, in relazione a un aumento della speranza di vita e sull’aumento dell’incidenza di patologie quali tumori, diabete, obesità, degenerazioni legate ai processi di invecchiamento, malattie cardiovascolari».
Dieta Mediterranea che oggi è riconosciuta a livello internazionale, come conferma l’italiano Luigi Ferrucci, Direttore Scientifico del National Institute on Aging statunitense. «È stato superato il concetto per cui una caloria è uguale a un’altra, che provenga da proteine, carboidrati o lipidi. Si è infatti compreso che modificando la composizione della dieta si modifica il peso corporeo. Una dieta ricca di proteine e lipidi è più efficace rispetto a una dieta che privilegi i carboidrati, soprattutto quelli con alto indice glicemico. Non è quindi sufficiente una restrizione calorica, che invece deve essere associata a una modificazione della composizione della dieta. È quindi indicata la Dieta Mediterranea, perché prevede un insieme di nutrienti tale da facilitare la perdita di peso e una modificazione della composizione corporea in senso positivo». Ferrucci però precisa che la Dieta Mediterranea deve essere considerata come uno stile di vita e non come uno strumento temporaneo per perdere peso. Anche perché il metabolismo cambia da individuo a individuo e spesso al termine di una dieta spesso si riprende il peso che si aveva inizialmente. «È molto difficile per un soggetto che tende a essere obeso mantenere un peso normale per lungo tempo. L'obesità è una modificazione fisiologica che va oltre la fisiologia: è una patologia, per cui deve essere affrontata come tale. Consigliare
al paziente di stare a dieta probabilmente non è sufficiente, c’è bisogno di uno studio del metabolismo e di una personalizzazione nella gestione della persona. Questo perché l’evoluzione ha corretto quei meccanismi che permettevano alla restrizione calorica di essere così efficace. La perdita di peso nel breve termine può essere anche notevole, il problema è che il nostro organismo ha conservato filogeneticamente la possibilità di adattarsi a un ambiente ostile, per cui trovandosi in una situazione che prevede scarsità di cibo, reagisce eliminando parte dei metabolismi non necessari e riducendo i costi della sopravvivenza. Per questo motivo dopo un certo periodo la dieta non funziona più, perché l’organismo regista a essa diminuendo la domanda calorica e lentamente si riguadagna il peso corporeo iniziale».
Essendo uno dei massimi esperti mondiali di geriatria, Ferrucci non si ferma all’associazione dieta-peso corporeo, ma esplora anche il ruolo dell’alimentazione nella riduzione della mortalità correlata all’età. «Il dibattito è ancora aperto riguardo la possibilità di prolungare la vita grazie a una restrizione calorica. Gli studi condotti a riguardo presentano risultati contrastanti. Alcuni, che prevedevano l’assunzione di verdura e pesce e una minore quantità di cibi raffinati, hanno dato risultati più positivi rispetto ad altre ricerche in cui si è utilizzata una dieta più ricca di carboidrati raffinati e zuccheri, però le conclusioni non sono comunque certe. Questo perché le diete funzionano bene nei vermi e negli insetti, ma più si sale nella scala evolutiva, cioè nei topi fino ad arrivare agli umani, la riduzione calorica funziona sempre meno nel ridurre la mortalità correlata all’età».
Se quindi consumare pasti frugali non è detto che favorisca la longevità, anche lo studio della composizione degli alimenti non è così semplice. Per esempio, una riduzione del colesterolo in soggetti anziani sani, che presentano livelli di colesterolo nella norma, non sembra avere nessun beneficio nella prevenzione dell’aterosclerosi delle coronarie e dell’infarto del miocardio. Infine, bisogna considerare che negli anziani il metabolismo cambia, tanto che se attorno ai 70-75 anni si ha una riduzione del colesterolo spontanea, questa riduzione è predittiva di mortalità, perché la fragilità induce una riduzione dei lipidi corporei e soprattuto dei lipidi circolanti. In questo caso la ridotta colesterolemia, che avviene progressivamente nell’arco di quattro-cinque anni, è un campanello d’allarme e non un fatto positivo».

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