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Comunicato stampa

Tumore del fegato: chirurgia e trapianto aumentano le possibilitàdi guarigione
Con tecniche innovative oggi si può intervenire in situazioni prima giudicate inoperabili 

Udine, 1 ottobre 2015 - Resezione del fegato con intento curativo o trapianto: è questa la scelta che si trovano a dover affrontare epatologo e chirurgo di fronte a un paziente con tumore del fegato. «Le nuove tecniche chirurgiche consentono – a certe condizioni – di operare i tumori del fegato in fase molto avanzata e che un tempo venivano considerati non operabili. Nello stesso tempo i miglioramenti nella gestione clinica e farmacologica del trapianto di fegato hanno portato come “effetto collaterale” l’estensione delle indicazioni per questa procedura» spiega Andrea Risaliti, direttore della Clinica Chirurgica e del Centro Trapianti di Fegato, Rene e Pancreas dell' Azienda ospedaliero universitaria, nonché presidente del congresso internazionale“HPB surgery: Udine meets the experts” in corso a Udine. Organizzato dalla Clinica Chirurgica e Centro Trapianti dell'Azienda ospedaliero universitaria di Udine e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini, il congresso vede la partecipazione di alcuni fra i massimi esperti mondiali nel settore.

«Nei pazienti affetti da tumore epatico maligno, la resezione del fegato con intento curativo rimane tutt’oggi la scelta di eccellenza» prosegue Risaliti.
«Molti pazienti però al momento della diagnosi presentano lesioni multiple o troppo estese tali da precludere l’intervento di resezione. Il maggior limite all’intervento chirurgico è il rischio di insufficienza epatica acuta post-resezione, causata da un volume epatico residuo troppo piccolo. Negli ultimi anni sono stati ideati vari accorgimenti tecnici per aumentare le possibilità recettive nei malati potenzialmente esclusi dall’approccio chirurgico. Una tecnica innovativa che consente di intervenire su tumori del fegato giudicati non operabili è rappresentata dall’ALPPS, acronimo che sta per “Associating Liver Partition and Portal Vein Ligation for Staged Hepatectomy” ossia separazione del fegato associata alla legatura della vena porta per epatectomia in due tempi. Questo intervento costituisce l’ultima frontiera nella chirurgia avanzata del fegato, eseguibile solo in centri di eccellenza per la chirurgia epatobiliare e dei trapianti».

Alla tradizionale e consolidata chirurgia resettiva del fegato si è aggiunta, negli ultimi anni, la prospettiva offerta dal trapianto epatico, che permette la rimozione in blocco di tutto il fegato e di tutte le localizzazioni secondarie in esso contenute. Storicamente il Friuli Venezia Giulia è una delle regioni ai primi posti comeprocurementdi donatori in Italia. I dati desunti dall’osservazione dei trapianti di fegato effettuati a Udine rivelano indici di sopravvivenza superiori rispetto agli standard internazionali: 84% anziché 81% a un anno, 76% anziché 74% a tre anni, 74 anziché 69 a cinque anni. Ancora più ragguardevoli i trapianti di fegato effettuati in pazienti HIV positivi, per i quali Udine è il primo centro pilota in Italia, con tassi di sopravvivenza dell’80% a un anno e del 63% a 5 anni, mentre negli altri sette centri in Italia la percentuale è del 50%.

«Il ricorso al trapianto, però,è ancora dibattuto, in particolare per l’alto rischio di recidive neoplastiche» avverte Risaliti. «In più, sebbene la previsione di sopravvivenza sia recentemente diventata più accurata e precisa, non è ancora stato raggiunto un accordo tra i centri su quale tasso di sopravvivenza possa essere considerato “accettabile” nel bilanciare la più alta probabilità di cura con l’effettiva disponibilità di organi».

Dall’analisi statistica retrospettiva sui pazienti sottoposti a trapianto emergono alcuni fattori prognostici che incidono favorevolmente sull’esito a distanza dell’intervento:

  • età inferiore a 55 anni;
  • tumore primitivo localizzabile nel tratto gastroenterico (drenaggio portale);
  • buon controllo della sindrome e/o risposta terapeutica (stabilizzazione di malattia) con l’impiego di trattamenti medici nella fase pre-trapianto (chemioterapia e/o analoghi della somatostatina);
  • tumori neuroendocrini a basso grado di malignità;
  • assenza di contemporaneità tra il trapianto e altri interventi complessi eseguiti nello stesso tempo chirurgico.

 «In conclusione, per ogni singola condizione c’è un richiamo alla necessità di un’attenta valutazione in termini di costi-benefici soprattutto per bilanciare le varie possibilità con l’attuale disponibilità di organi. Pertanto, è consigliabile  utilizzare la strategia resettiva, quando possibile, lasciando il trapianto come opzione nei casi di tumore del fegato non operabile a causa della localizzazione diffusa o della malattia epatica avanzata» commenta Risaliti.

La chirurgia resettiva epatica trova inoltre anche un campo di applicazione piuttosto frequente nel trattamento dei tumori secondari del fegato rappresentando ad oggi un valido e irrinunciabile supporto per la cura oncologica radicale e palliativa delle metastasi epatiche da tumori primitivi colon-rettali. Anche in quest’ottica il trapianto di fegato potrebbe in futuro trovare una sua collocazione come sta già avvenendo in Norvegia; ospite del congresso sarà uno dei massimi esperti mondiali di sostituzione del fegato per metastasi epatiche il prof. Aksel Foss che illustrerà la più importante casistica mondiale in merito.

 

 

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