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Pressione arteriosa negli anziani, meglio bassa ma non troppo

Una riduzione eccessiva può provocare vertigine, cadute e fratture


L’ipertensione rappresenta uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Ma quali sono le conseguenze dell’ipertensione in precise categorie di persone, come gli anziani e le donne? A questa domanda ha cercato di rispondere il simposio internazionale “Age and gender factors in hypertension”, svoltosi a Dubrovnik (Croazia) il 21 e 22 aprile 2017. Il simposio è stato organizzato dalla Scuola di Medicina dell’Università di Zagabria, dalla Società Croata di Ipertensione e dalla Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca, ed è stato promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini. Tra i numerosi argomenti delle due giornate le linee guida della Società Europea di Cardiologia riguardanti l’ipertensione negli anziani, il trattamento dell’ipertensione nei bambini e negli adolescenti, l’ipertensione nelle donne in gravidanza e dopo la menopausa e le differenze di genere in presenza di ipertensione.
«Il rischio assoluto di eventi cardiovascolari è minore nelle donne rispetto agli uomini ma il rischio determinato dall’ipertensione è maggiore nelle donne e la pressione elevata causa più spesso ictus nelle donne» avverte Kostis Tsioufis, della Clinica Cardiologica all’Ospedale Hippocratio-Università di Atene. «L’ipertensione aumenta in entrambi i sessi, ma maggiormente nelle donne: si calcola che entro dieci anni sarà del 9% negli uomini e del 13% nelle donne. Nel 2000 le donne con ipertensione nel mondo erano 483 milioni, mentre si prevede che nel 2015 saranno 793 milioni. Eppure solo il 24 per cento degli studi riguardanti le patologie cardiovascolari riporta dati differenziati per genere. E nonostante le donne anziane siano la popolazione predominante con ipertensione sistolica isolata, in diversi studi, per esempio anche nel recente studio Sprint, soltanto il 28% delle persone coinvolte erano oltre i 75 anni d’età e il limite massimo d’età era di 80 anni».
Un altro argomento affrontato durante il simposio è stata la prevenzione dell’ipertensione e degli eventi cardiovascolari associati. «Le patologie cardiovascolari possono essere contrastate grazie a una diagnosi precoce e al trattamento dei fattori di rischio, come l’ipertensione, l’obesità e il sovrappeso» spiega Guido Grassi, Dipartimento di Medicina e Chirurgia "San Gerardo dei Tintori”, Ospedale Universitario Milano-Bicocca. «Modificare il proprio stile di vita può essere il primo passo per ridurre la pressione, a cominciare dall’alimentazione, a partire da un minore consumo di sale». 

L’American Heart Association raccomanda ai soggetti a rischio, fra i quali rientrano, oltre a ipertesi, diabetici o nefropatici cronici, anche tutti gli ultracinquantenni, di non superare un apporto di 1,5 grammi al giorno di sale, cioè poco più di mezzo cucchiaino. «L’Organizzazione Mondiale della Sanità dice di non superare i 5 grammi al giorno, mentre nei Paesi occidentali se ne consuma generalmente il doppio.» commenta Denis Clement, Ospedale Universitario di Ghent, Belgio. «È vero che la riduzione del sale non è una misura che ha successo al cento per cento, però aiuta in un largo gruppo di pazienti e può normalizzare la pressione, soprattutto in persone con ipertensione lieve. Si tratta di una misura a basso costo, che consente di risparmiare perché riduce il ricorso ai farmaci. Secondo diversi studi, tre grammi in meno di sale al giorno riducono i casi di malattie cardiovascolari, infarto e ictus. I benefici maggiori si osservano nelle donne, con una maggiore prevenzione di ictus, e negli anziani, con una riduzione delle malattie cardiovascolari».
Attenzione però a non esagerare con le restrizioni: «Ridurre il sale in chi ne consuma tanto, più di 12 grammi al giorno, riduce gli eventi cardiovascolari, ma andare sotto i 2-3 grammi al giorno, al contrario, aumenta il rischio di infarto e ictus» aggiunge Clement. E Grassi aggiunge che «non sempre ridurre la pressione va bene. Portare la pressione sistolica (la massima) sotto i 120 mmHg si associa nell’anziano a un rischio maggiore di ipotensione, che può provocare vertigini e la caduta del paziente aumentando il rischio di fratture».
Senza arrivare agli eccessi, comunque, ridurre i fattori di rischio di rivela vincente. «È necessario tenere sotto controllo il sovrappeso, l’obesità, la quantità di sale assunto, l’apnea ostruttiva notturna, i farmaci che possono aumentare la pressione» precisa Tsioufis. «Per le donne, attenzione ai contraccettivi orali, soprattutto nelle donne obese o di età più avanzata, e alla terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa».

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