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Comunicato stampa

Problemi renali possibile segnale di rischio cardiovascolare

Anche una piccola quantità di albumina nelle urine può aiutare a individuare soggetti con ipertensione o altre possibili complicanze

Genova, 19 maggio 2016 - Albumina e acido urico, due sostanze che possono rappresentare una spia di ipertensione arteriosa e problemi cardiovascolari. «L’albumina è una proteina fondamentale per il nostro organismo e di norma si trova in circolo nel sangue in gran quantità» spiega Roberto Pontremoli, Professore di Medicina Interna al Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Genova. «L’albumina funziona da trasportatore per altre molecole, per esempio ormoni o farmaci, aiutandole a raggiungere più facilmente i diversi organi e tessuti dell’organismo. In più l’albumina ha un ruolo “osmotico” ovvero ha la capacità di attrarre a sé liquidi come il plasma del sangue, trattenendoli all’interno dei vasi sanguigni. La presenza di piccole quantità di albumina nelle urine (microalbuminuria) è invece un campanello d’allarme per problemi renali ma anche per disturbi cardiovascolari. Se il rene lascia passare albumina, infatti, è segno che qualcosa non va» prosegue Pontremoli. E’ questo uno dei temi del meeting ““The Kidney, Hypertension and Cardiovascular Risk” cui cui Pontremoli è presidente, in programma a Genova dal 19 al 21 maggio, organizzato dall’Università di Genova e dall’IRCCS A.O.U. San Martino-IST di Genova e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini.

«Ipertensione arteriosa e diabete mellito sono due patologie croniche tra le più diffuse nei paesi occidentali: in Italia colpiscono rispettivamente il 30% e tra il 6 e l'8% della popolazione. Ipertensione e diabete costituiscono i principali fattori di rischio per lo sviluppo e la progressione della malattia renale cronica, anch’essa in drammatico aumento negli ultimi anni» aggiunge Pontremoli. «La malattia renale cronica, spesso del tutto asintomatica, colpisce attualmente circa il 10% della popolazione e comporta –di per sé- un notevole aumento del rischio di incidenti cerebro e cardiovascolari, rappresentando, direttamente o indirettamente, un importante fonte di spesa per i sistemi socio sanitari dei paesi industrializzati».

Nel corso del convegno verranno esaminate le principali novità relative al ruolo delle variazioni di albuminuria come obiettivi della terapia antipertensiva. Inoltre verranno presentati i risultati degli studi condotti dai ricercatori del Centro Ipertensione dell’IRCCS AOU San Martino-IST, che dimostrano come l’identificazione di alterazioni renali anche lievi e asintomatiche quali la presenza di microalbuminuria o una lieve riduzione della tasso di filtrazione glomerulare consentano di individuare facilmente ed a basso costo i pazienti con ipertensione a più elevato rischio di sviluppare complicanze. «Queste nuove acquisizioni possono avere importanti ricadute nella pratica clinica sia in campo diagnostico, poiché semplificano la valutazione del rischio cardiovascolare dei pazienti a rischio come i diabetici e/o gli ipertesi, sia terapeutiche poiché offrono al medico un nuovo, ulteriore strumento (le variazioni di albuminuria, appunto) per verificare nel tempo l’efficacia della terapia antipertensiva o antidiabetica» avverte Pontremoli. «In considerazione di quanto sopra e per il progressivo aumento dell’aspettativa di vita media nella popolazione la prevenzione cardiovascolare e renale costituisce una priorità per la salute pubblica e rappresenta oggi una delle principali fonti di spesa dei SSN anche in Italia. E’ prevedibile che discipline come la Cardiologia e la Nefrologia saranno sempre più strettamente correlate tra loro e con la Medicina Generale non solo in termini medico scientifici ma anche nelle iniziative cliniche e assistenziali. Anche per questo motivo eventi di tipo educazionale e di aggiornamento come questo assumono crescente interesse in un momento in cui la razionalizzazione dell’impiego delle risorse economiche è di importanza cruciale per il Sistema Socio Sanitario. La forte interrelazione fisiopatologica tra rene e apparato cardiovascolare costituisce infatti la premessa ed il razionale per un approccio integrato alla prevenzione, alla diagnostica ed alla terapia delle complicanze cardiorenali».

Durante il meeting di Genova si parlerà anche di un altro fattore di rischio cardiovascolare e renale: l’acido urico. Un legame fra iperuricemia e disordini cardiovascolari è stato ipotizzato da decenni. L’acido urico ha rappresentato per gli ominidi un vantaggio evolutivo, per la sua azione anti-ossidante, per gli effetti sulla pressione arteriosa, l’immunità innata e le riserve energetiche. L'incentivo per i primati di mettere a tacere il loro gene uricasi deve essere stato forte, garantendo così più elevati livelli di acido urico negli esseri umani. Le conseguenze per la salute umana, sia positive che negative, sono state profonde. «Tuttavia, dal punto di vista della moderna medicina, l’iperuricemia è indesiderabile» avverte Pontremoli. «Qualcosa infatti sembra essere “andato storto” nella società moderna dove i valori medi di acido urico sono aumentati, negli ultimi 50 anni, quasi del doppio nella popolazione maschile. Recenti “rivisitazioni” della fisiopatologia dell’iperuricemia e della azione pro-ossidante ed infiammatoria dell’acido urico hanno permesso di definire uno stretto legame tra livelli di acido urico, presenza o sviluppo di: ipertensione arteriosa, iniziale danno renale, sindrome metabolica, diabete disfunzione endoteliale e danno d'organo cardiaco (ipertrofia ventricolare sinistra) ed extra-cardiaco» conclude Pontremoli.

La realizzazione del meeting è dunque un contributo importante per l’aggiornamento dei medici e dei ricercatori nel campo delle malattie renali, cardiovascolari e metaboliche. La diffusione e la divulgazione delle più recenti acquisizioni scientifiche su questi argomenti costituiscono uno strumento di grande importanza al fine di migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria e di promuovere e incentivare la ricerca scientifica.

 

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